martedì 10 novembre 2020

invidia o proiezione?

 Non ho tanta voglia di scrivere o forse semplicemente non ho nulla di nuovo da raccontare. Ci sono quei due tre nodi cruciali di cui ho già scritto sommariamente e che potrei sciogliere tra queste righe, ma la verità è che fa un male cane farlo e lo so perché è materiale di lavoro durante le sedute di psicoterapia.

Durante l'ultima ho posto l'accento su quanto sia diventata una persona invidiosa e di come non mi riconosca in questa veste. Ma è la verità invidio le altre persone, soprattutto donne più o meno coetanee. Invidio i loro successi, anche minimi, personali e lavorativi. E sento un'altra cosa assolutamente nuova: il rimpianto. Rimpianto per non aver finito l'università, per aver fatto fallire la mia attività, per non essere stata in grado di rimanere nel mondo del lavoro. E poi l'epifania (bugiarda lo so fin dal primo pensiero invidioso) tutto è iniziato con l'invidia verso le donne che sono rimaste incinta durante il periodo in cui affrontavo la pma (procreazione medicalmente assistita). Un fatto in particolare ha innescato la persona di merda dentro di me. Una delle mie più grandi amiche è rimasta incinta durante una delle fivet e me lo ha comunicato proprio il giorno che le mestruazioni infrangevano un'altra volta i miei sogni. Sono stata tanto invidiosa di lei, dei suoi primi mesi. Durante la gravidanza il sentimento negativo è scemato per poi riaffiorare subito dopo il suo parto che ha coinciso con una mia altra fivet fallimentare.

La psyco ha detto che quella che io chiamo invidia si chiama proiezione ed è un sentimento naturale e sano se non supera i livelli di guardia e in effetti non ho mai desiderato il male di nessuno. Soffrivo e volevo anche io provare quella gioia. Mi chiedevo perché ne fossi esclusa nonostante tutto l'impegno. Eppure è così per quanto possiamo provarci e volerle, le cose possono andare diversamente da come le desideriamo.

Il mio desiderio e progetto di maternità coltivato così tanto e da lungo tempo mi metteva al riparo dalla sofferenza dei fallimenti passati perché assumeva un significato di giustificazione. La maternità avrebbe "compensato" le cose che non avevo terminato e mi avrebbe dato un ruolo personale e sociale.

Le cose sono sempre più complesse di come si presentano e i miei fallimenti hanno già una motivazione, la mia vita turbolenta nei primi anni dei miei 20 anni con un disturbo della personalità borderline da gestire a da cui uscire. E ci sono riuscita, sono guarita e subito ho afferrato la normalità che può esserci nella vita: una relazione stabile con una persona equilibrata e un lavoro normale da dipendente poi una casa da comprare (quella dove siamo andati a vivere 7 anni dopo) e  una famiglia da formare.

Dovrei ricordarmi di tutti i traguardi e le vittorie sui miei disturbi mentali, uscire da un disturbo bordeline non è affatto semplice e io l'ho fatto. Alzarsi dopo ogni episodio di depressione maggiore richiede tempo, cura e impegno e io l'ho fatto più di una volte e anche adesso sto riuscendo a vedere uno spiraglio di luce nell'attuale episodio di depressione che dura da un anno.

Mi rattrista il fatto che di base ho una depressione cronica, detta ciclotimia, con la quale devo e dovrò fare i conti per sempre così come lo fa una persona affetta da diabete o epilessia. Farci i conti significa andare alle sedute di psicoterapia e alle visite psichiatriche, prendere farmaci, misurare i confini della proprio zona d'equilibrio e perdonarsi almeno un po'. 

Ci sarà altro per me con questi presupposti?



6 commenti:

  1. Non sono d'accordo con la psyco. Hai solo un problema, quello di confrontarti con le altre persone per poi arrivare alla conclusione che sono migliori di te. Ama la tua identità e quello che sei e quello che hai fatto.
    Lo sai che Eugenio Montale era un ragioniere e Bill Gates non era laureato?

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    1. Bel pessimista Montale!
      Comunque adoro i ragionieri, mio marito lo è e della laurea non me importa nulla. Faccio solo delle riflessioni sulla mia inconcludenza cronica. Ma conosco i motivi per cui certi capitoli della mia vita non sono stati chiusi ma abbandonati e sono tutti legati alla malattia. Non avere disturbi mentali è di fatto un privilegio che non ho avuto così come la fertilità. E ci devo fare i conti cercando di valorizzare le mie parti valide.

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  2. Capisco bene ciò che scrivi, per molto tempo l'ho provato anch'io, nel profondo. Nemmeno io desideravo il male degli altri, però ero dannatamente invidioso perché "loro avevano tutto" e "avevano avuto la pappa in bocca" (non so se si usa da te, qui significa che uno/a non ha docuto fare gran sacrifici perché è ricco/a, bello/a, non deve badare alla casa ecc.) mentre io quel poco o quasi niente che avevo me l'ero dovuto guadagnare o costruire coi denti e le unghie... ed era comunque poco.
    Un mio collega mi diceva "Ma com'è che a fine mese non hai più un soldo e non metti niente da parte?!? Abbiamo lo stesso stipendio!"
    Sì, certo... io gli rispondevo che lui portava ancora la roba da lavare a mamma e che mamma gli regalava un milione di lire a natale, quel mezzo milione per il compleanno, gli faceva spesso la spesa... Beh, col cazzo (scusa, quando ci vuole...) che guadagnamo lo stesso stipendio! E invidiavo e mi rodevo il fegato.
    Poi piano piano grazie alla terapia - a proposito Gus O. secondo me non è molto il caso dire a una persona che non si è daccordo col suo/sua terapeuta... perdonami, ma la penso così (e ne ho ottimi motivi) - e alla crescita personale e a persone vicine che mi hanno fatto capire che moltissime persone al posto mio sarebbero crollate per sempre, mentre io in qualche modo ce l'ho fatta e ho fatto scelte durissime, ma autonome e che mi hanno portato certo paura, ma anche libertà, ecco che poco a poco ho smesso di invidiare. Certo non c'è una ricetta. Come non serve dire "dài, stai tranquillo!" a uno che ha una crisi di panico pazzesca.
    Adesso ti saluto e spero di non essere stato troppo sconclusionato.

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    1. È un dato di fatto che ci sono persone che partono avvantaggiate rispetto ad altre. Si tratta di soldi, di bell'aspetto, di magrezza, di non avere disabilità fisiche o mentali, di non avere disturbi mentali, di essere fertili, di essere bianchi, eterosessuali, maschi. Tutte queste cose rappresentano i privilegi che fanno sì che a certi individui vada decisamente meglio che ad altri e non devono esistere discorsi di positivismo tossico tipo "se vuoi puoi" che colpevolizzano chi parte svantaggiato e non arriva ai risultati del privilegiato. Se non ho potuto "realizzarmi" è stato perché soffro di disturbi mentali dall'età di 20 anni e la mia adolescenza è stata segnata dagli umori di una mamma anche lei malata. Se non ho potuto avere dei figli è perché sono(siamo) fisicamente infertili nonostante i dolorosissimi tentativi di ottenere una gravidanza. Andrà meglio, sto lavorando tanto per uscire anche da questo episodio di depressione e forse arriverà di nuovo il momento in cui riuscirò ad esprimere di nuovo il mio potenziale. Sarà un'altra fase.
      Grazie per la tua testimonianza come vedi ti comprendo bene anche io.
      A presto
      R.

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  3. Tranquillo amico, io amo Sconsy, la rassicurante e fidata psicoterapeuta di R.
    L'elemento invidia è stato escluso da me, da R. e da Sconsy.
    E' stato evocato inizialmente da te:
    "Capisco bene ciò che scrivi, per molto tempo l'ho provato anch'io, nel profondo. Nemmeno io desideravo il male degli altri, però ero dannatamente invidioso perché "loro avevano tutto" e "avevano avuto la pappa in bocca".

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    1. L'elemento invidia è umano, umanissimo: non per questo non bisogna combatterlo, con gli strumenti che ognun* riesce ad avere.
      Non era su questo che avevo mostrato disaccordo conte Gus O.
      Ma non importa, non sono evidentemente riuscito a farmi comprendere.
      Un saluto

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ma porca p***ana

  Ovviamente il fatto che nell'ultimo post abbia dichiarato di stare benino e che se strabuzzo gli occhi vedo un pallido bagliore all...