giovedì 26 novembre 2020

Positività tossica

 Manco da un po'. Ho avuto da vivere la mia insignificante vita, con meno fatica del solito ma sempre con quella sensazione di non stare facendo giusto e abbastanza incollata addosso.

C'è una novità, ho iniziato un corso online di disegno per principianti. Brava. I primi due giorni di video corso piangevo in preda all'ansia come la tradizione di una persona incapace di affrontare cambiamenti  e novità con serenità vuole. Comunque non so bene come, sicuramente ammorbando mio marito al telefono mentre era a lavoro per superare la crisi di panico post lezione (mi sono riaffiorati tutti i drammi dei primi tempi all'università, un posto spaventoso) e prendendomi il tempo necessario ho continuato il corso e incominciato a fare gli esercizi: una settimana di disegni di mani, ovviamente mi sono sbizzarrita con corna, diti medi, pugni comunisti. Ora sono pronta per disegnare griglie di pattern, doodling si chiama. Io lo conoscevo come scarabocchio nel quaderno a scuola quando ti annoi, o negli spazi bianchi del libro di fisica pur di non studiarla.

Ci sono novità e poi ci sono ancora le stesse cose tipo la mia gelosia, o come dice la psyco, la mia proiezione. Questa volta è stata meno generica e anzi tutta indirizzata verso la mia amica neo-mamma che è rimasta incinta semplicemente trombando mentre io mi sparavo ormoni  sulla pancia inutilmente. Ci sono stati dei ricordi di cose che mi ha detto pensando di fare del bene e al contrario devastandomi: tipo vedrai che andrà tutto bene, te lo dico io, bisogna essere positivi. Tutte frasi che mi diceva mentre era incinta e mentre io fallivo le fivet e io pensavo solo "grazie al cazzo tu sei incinta e comunque né l'ottimismo né il pessimismo possono influire minimamente in queste pratiche mediche". Comunque non lo pensavo e basta glielo dicevo pure. Quello che non le ho mai detto, semplicemente perché avevo meno consapevolezza, era quanto la sua vita senza intoppi e le sue frasi paternalistiche mi abbiano fatta sentire in difetto da quando ci conosciamo. Lei ha davvero avuto una vita senza intoppi, genitori un po' severi ma chiari nei messaggi, viaggi in giro per il mondo sin da ragazzina con la famiglia, esperienze formative all'estero, famiglia numerosa molto unita che ha sempre fatto tante cose di qualità tipo andare a teatro. Liceo benino, università senza ansie, erasmus, laurea benino in tempi giusti. Lavoro subito in ente pubblico, ogni tanto veniva mandata all'estero per master e formazione, figlio un po' tardi ma per scelta. Quante volte l'ho sentita dire: basta provarci, io ci provo e raccolgo i risultati. E io senza rendermene conto mi sentivo sbagliata e in difetto. Io non ho avuto la serenità in casa che mi ha consentito di dedicarmi allo studio ed erano comunque troppi i traumi da rapporto disfunzionale con mia madre, che non mi sentivo all'altezza di nulla. Soffrivo di attacchi di panico, insonnia e autolesionismo. In seguito ho scoperto di avere un disturbo della personalità di tipo berderline che mi impediva di concentrarmi in cose tipo lo studio perché ero letteralmente divorata dalla rabbia, dalla violenza dei sentimenti, dall'abuso di hashish e psicofarmaci, da relazioni tossiche. Per me il discorso "se vuoi puoi" non poteva funzionare perché non avevo avuto il privilegio di una vita tranquilla, di una buona salute mentale, di una situazione economica ottimale. Gli anni che una persona diciamo normale come la mia amica dedica agli studi, alle uscite semplicemente per svagarsi io gli dedicati a combattere la bestia che avevo in corpo e che mi divorava. Una bestia che mi faceva avere comportamenti e reazioni assolutamente disfunzionali e nocive. La rabbia e la violenza(fortunatamente solo verbale a parte pochi esempi di cui mi vergogno molto) era la tentazione a cui non riuscivo a resistere. E poi mi sgonfiavo nel giro di poche ore, temevo l'abbandono e sopportavo tradimenti e abusi psicologici dai miei fidanzati. Mentre lei dava esami io andavo in seduta, prendevo i farmaci a volte droghe pesanti e non risolvevo nulla. Sino a quando alla sindrome borderline si è affiancata una bruttissima depressione e la mia famiglia disfunzionale si è presa cura di me, ha trovato nuovi medici, tra i la psyco Sconsy, ed è iniziato un lavoro difficilissimo per trattare le mie patologie. Sono uscita dal disturbo borderline, la depressione mi accompagnerà più o meno intensamente per tutta la vita. Anche in questo caso mi sento di parlare di privilegio, ho avuto i miei genitori che nonostante avessimo un rapporto malato(che poi è stato affrontato grazie alle cure) mi hanno sostenuta, hanno pagato i medici privati. Riconosco questo privilegio e patisco per chi non ha un supporto e mai mi sognerei di dire a nessuno "se ci sono riuscita io lo può fare chiunque" perché non è così. La vita non è così. Chi ha più privilegi ottiene molto di più di chi ne ha meno o di chi non ha proprio.

Quindi non rispondo alle sue proposte di vederci. Mi proteggo in questo momento delicato in cui la sua presenza con tutto ciò che rappresenta è davvero troppo perché il trauma della pma e del suo fallimento è davvero troppo.



fonte


martedì 10 novembre 2020

invidia o proiezione?

 Non ho tanta voglia di scrivere o forse semplicemente non ho nulla di nuovo da raccontare. Ci sono quei due tre nodi cruciali di cui ho già scritto sommariamente e che potrei sciogliere tra queste righe, ma la verità è che fa un male cane farlo e lo so perché è materiale di lavoro durante le sedute di psicoterapia.

Durante l'ultima ho posto l'accento su quanto sia diventata una persona invidiosa e di come non mi riconosca in questa veste. Ma è la verità invidio le altre persone, soprattutto donne più o meno coetanee. Invidio i loro successi, anche minimi, personali e lavorativi. E sento un'altra cosa assolutamente nuova: il rimpianto. Rimpianto per non aver finito l'università, per aver fatto fallire la mia attività, per non essere stata in grado di rimanere nel mondo del lavoro. E poi l'epifania (bugiarda lo so fin dal primo pensiero invidioso) tutto è iniziato con l'invidia verso le donne che sono rimaste incinta durante il periodo in cui affrontavo la pma (procreazione medicalmente assistita). Un fatto in particolare ha innescato la persona di merda dentro di me. Una delle mie più grandi amiche è rimasta incinta durante una delle fivet e me lo ha comunicato proprio il giorno che le mestruazioni infrangevano un'altra volta i miei sogni. Sono stata tanto invidiosa di lei, dei suoi primi mesi. Durante la gravidanza il sentimento negativo è scemato per poi riaffiorare subito dopo il suo parto che ha coinciso con una mia altra fivet fallimentare.

La psyco ha detto che quella che io chiamo invidia si chiama proiezione ed è un sentimento naturale e sano se non supera i livelli di guardia e in effetti non ho mai desiderato il male di nessuno. Soffrivo e volevo anche io provare quella gioia. Mi chiedevo perché ne fossi esclusa nonostante tutto l'impegno. Eppure è così per quanto possiamo provarci e volerle, le cose possono andare diversamente da come le desideriamo.

Il mio desiderio e progetto di maternità coltivato così tanto e da lungo tempo mi metteva al riparo dalla sofferenza dei fallimenti passati perché assumeva un significato di giustificazione. La maternità avrebbe "compensato" le cose che non avevo terminato e mi avrebbe dato un ruolo personale e sociale.

Le cose sono sempre più complesse di come si presentano e i miei fallimenti hanno già una motivazione, la mia vita turbolenta nei primi anni dei miei 20 anni con un disturbo della personalità borderline da gestire a da cui uscire. E ci sono riuscita, sono guarita e subito ho afferrato la normalità che può esserci nella vita: una relazione stabile con una persona equilibrata e un lavoro normale da dipendente poi una casa da comprare (quella dove siamo andati a vivere 7 anni dopo) e  una famiglia da formare.

Dovrei ricordarmi di tutti i traguardi e le vittorie sui miei disturbi mentali, uscire da un disturbo bordeline non è affatto semplice e io l'ho fatto. Alzarsi dopo ogni episodio di depressione maggiore richiede tempo, cura e impegno e io l'ho fatto più di una volte e anche adesso sto riuscendo a vedere uno spiraglio di luce nell'attuale episodio di depressione che dura da un anno.

Mi rattrista il fatto che di base ho una depressione cronica, detta ciclotimia, con la quale devo e dovrò fare i conti per sempre così come lo fa una persona affetta da diabete o epilessia. Farci i conti significa andare alle sedute di psicoterapia e alle visite psichiatriche, prendere farmaci, misurare i confini della proprio zona d'equilibrio e perdonarsi almeno un po'. 

Ci sarà altro per me con questi presupposti?



giovedì 5 novembre 2020

24 ore con l'holter

Sono giorni faticosi dove tutto sembra e scorre normale ma che mi trovano suscettibile, maliconica, con la lacrima sempre pronta. Stamattina presto sono andata allo studio cardiologico, dovevano mettermi l'holter e cioè una macchinetta che misurerà per 24 ore i miei battiti cardiaci tramite fili ed elettrodi appiccicati al petto. C'è una puntata precedente ossia la psyco che finita l'estate mi consiglia di individuare un'attività motoria da svolgere in autonomia in modo da farmi uscire di casa la mattina, momento delicato perché sono quasi sempre sola, e godere dei benefici del movimento. Io scelgo la piscina e inizia un piccolo calvario: durante la visita sotto sforzo dal cardiologo si nota che il mio tracciato ha dei battiti anomali, risultato niente certificato medico per attività sportiva non agonistica ma due prescrizioni per accertamenti: ecocolordoppler (+visita cardiologica ed elettrocardiogramma) e l'ecg con l'holter(quello che sto "facendo" oggi). Quel giorno lì ho iniziato a piangere da sola per strada, a lamentarmi e imprecare. Non me ne facevo una ragione, non poteva essere che come ogni volta le cose che faccio, che vivo, che tutti gli aspetti della mia vita siano sempre ricchi di intoppi, imprevisti anche drammatici, seccature. Non volevo farmene una ragione ma non avendo comunque scelta alla fine mi sono data una calmata e ho prenotato le visite una fissata per 22 di ottobre e una al 5 novembre. Era il 2 o il 3 ottobre. Nel mentre un dpcm ha chiuso piscine e palestre, la cardiologa che doveva farmi la prima visita si è ammalata ha cancellato le visite del 22 ottobre e non si sa ancora quando tornerà a lavoro. 

Un giorno potrei fare uno schema cronologico delle sfighe e dei drammi vissuti in tutti questi anni, oggi  ne accenno una: abbiamo comprato casa nel 2008, da ristrutturare, ma per problemi con una vicina di casa che ci ha fatto causa un'infinità di volte siamo potuti andare a viverci nel 2015. Sette anni.

Sì capirà perché il mio motto è: se una cosa può andare male è sicuro che andrà malissimo. Come quando nel febbraio del 2011 si è ammalata mia mamma e se n'è andata nel giungo dello stesso anno, ho lottato con tutta me stessa cercando secondi, terzi e quarti pareri, dormendole vicina in ospedale, lavandola, dandole da mangiare e lei peggiorava sempre, non camminava più, non parlava più, non si svegliava più e poi è morta mentre io ero in ospedale per una setticemia da ascesso.

È come gli ultimi 4 anni passati a fare test genetici, test per l'hiv e l'epatite, ecografie ginecologiche più o meno invasive, dosaggi ormonali, iniezioni di ormoni, farsi crescere mezze dozzine di follicoli ovarici, farsi aspirare gli ovuli e creare embrioni in vitro. Tutto per 6 volte. E neppure una gravidanza.

A volte, oltre al fatto che se una cosa può andare male invece andrà dimmerda, ci prepariamo correttamente, seguiamo i passaggi, aspettiamo ma le cose non vanno come vorremmo. Ma questo non toglie valore al nostro impegno e al nostro desiderio. 

la fetta cade sempre dalla parte della marmellata



ma porca p***ana

  Ovviamente il fatto che nell'ultimo post abbia dichiarato di stare benino e che se strabuzzo gli occhi vedo un pallido bagliore all...