Ovviamente il fatto che nell'ultimo post abbia dichiarato di stare benino e che se strabuzzo gli occhi vedo un pallido bagliore all'orizzonte, significa che sono arrivata ad ottenere un delicato equilibrio fatto di orari, routine, medicine ed EVITAMENTI. La questione di cosa e quanto evito è stata talmente cruciale che oggi ingenua e cogliona come non mai sono entrata dopo settimane su FaceBook. Ho trovata la home page incrostata letteralmente di post di insospettabili neo mamme e neo papà, foto di bambini che compiono gli anni, foto di conoscenti in sala parto a seno nudo che allattano il parassita appena cagato fuori. I miei contatti sono formati in prevalenza da musicisti e gente che va a concerti, che in situazioni normali parla di musica, cinema, cultura rock e metal, però ormai siamo tutti dei 40enni e oltre e i 40 di oggi sono i 20enni degli anni '70, mettono su casa e fanno figli rock (esiste tutto un mercato di gadget e indumenti da baby metallaro) e con uno smartphone in mano.
In questi mesi ho evitato accuratamente amici e conoscenze neo genitori perché mi strazia l'anima vedere quello che non avrò mai, ma porca puttana oggi mi sono data la zappa sui piedi e sono entrata su FaceBook.
Si può gridare ai 4 venti la propria felicità di genitori, si può, e si deve, dichiarare serenamente la non volontà di esserlo. Ma non si può dire di essere infertili o sterili, l'urlo cade nel vuoto perché crea imbarazzo.
P.S. i bambini neanche mi piacciono, e men che meno le dannate famigliette anche se rock, ciò nonostante il mio istinto di maternità è fatto di granito(sardo) e sono fregata, porca puttana e due.
Oggi mi sento a disagio di fronte alla pagina vuota. Effettivamente sono tanti giorni che non scrivo nulla. Sono stata benino, anche le visite con le mie dottoresse si sono notevolmente diradate. Forse abbiamo trovato la giusta combinazione di farmaci e forse anche il tempo ha sortito i suoi effetti. Sì mi sembra di sentirmi benino proprio in virtù della cara vecchia massima "il tempo guarisce tutte le ferite". Sia chiaro che non la considero una verità assoluta, un enunciato essenziale ma effettivamente, se ad un certo punto ci si sente meglio dopo un periodo di cacca anzi di CACCA, sembra proprio così, che il trascorrere del tempo abbia fatto la magia. Bisogna dire però che non si tratta di un processo passivo ne quale il tempo con il suo scorrere si lascia dietro i detriti tossici. No, sono mesi di lacrime, di divano e copertina, di ritmo sonno veglia regolare, tanti farmaci, mesi di psicoterapia. Quindi sì rispetto ad un anno fa mi sento decisamente meglio e sì il tempo ha fatto il suo corso ma mi sono impegnata a stare bene. Con questo non voglio intendere "volere e potere" , frase che mi fa vomitare, io rispetto a tante persone con patologie psichiatriche devo riconoscermi il privilegio di una famiglia presente, delle possibilità economiche di potermi curare e della natura stessa della mia patologia che è seria, invalidante ma mi lascia lucida. Sono tutte cose che aiutano e che non sono scontate.
Gennaio è finito ormai ed è solo questione di settimane e sarò di nuovo in spiaggia a sguazzare con la testa dentro l'acqua che mi si spegne il cervello o forse a spegnersi è il dolore, almeno per un attimo. Un attimo che diventano immediatamente tanti attimi perché dopo il primo bagno a giugno non smetto più di andare in spiaggia sino ad ottobre. Lo so che c'è un inverno da terminare e la primavera di mezzo ma è solo questioni di prospettive c'è chi ragiona in termini di stagioni e chi, io, di mesi e settimane neutre.
Non molti anni fa detestavo l'estate e il mare mi era indifferente, per qualche anno subito dopo esserci sposati e aver perso entrambi il lavoro da dipendenti (l'infausto 2008) e senza casa, abbiamo abitato nella villetta al mare/collina dei miei suoceri (esperienza che richiederebbe un post a parte) e non andavamo mai in spiaggia, io passavo le giornate sdraiata a causa della pressione bassa, più di una volta ho rischiato di rimetterci i denti e cranio per svenimenti improvvisi in prossimità di panche e sedie in legno massiccio. Poi il malumore dovuto al sole e al caldo, lagnosa insopportabile e simpatica come la merda.
Nel 2011 mi sono trovata convalescente dopo un intervento fastidiosissimo dal decorso post operatorio insopportabile che è coinciso con l'estate, quella stessa dannata estate che si è portata via mia madre. Improvvisamente volevo andare al mare, volevo tuffarmi incurante del sole, degli svenimenti, delle lagne, del mio malumore, della mia travolgente merdosa simpatia. Ero convinta che mi avrebbe dato un po' di tregua, e lo sapevo perché vivo in un isola e più o meni noi tutti abitanti di questa zattera abbiamo dei ricordi di infanzia in cui il mare è protagonista e sono ricordi che non se ne vanno più. E invece no, non potevo perché sabbia e salsedine non vanno d'accordo con ferite aperte e medicazioni sadicamente invasive, quindi a casa a piangere i dolori della carne lacerata e del cuore in frantumi del lutto. Dopo quell'estate ho più o meno giurato al cosmo e alla sfiga che col cazzo mi ri sarei fatta scippare un'altra estate al mare.
Per quanti sforzi faccia sia di tipo costruttivo con approccio cognitivo comportamentale ma molto più spesso transazionale (con le mie parti genitoriale, bambina e adulta che fanno a pugni in favore di un genitore crudele), dicevo per quanti sforzi faccia per tirarmi fuori da questo laghetto di merda dove sono immersa quasi alle narici non riesco a trovare un reale senso alla mia vita, un vero motivo per voler continuare a vivere per me stessa e non per gli altri.
Non ho nessun dubbio che se mi dovessi trovare sola porrei fine ai miei giorni. So da tempo che questo è il destino che mi aspetta se dovessi sopravvivere a mio marito o a mia sorella. Il mio papà è anziano e da quando ha perso la sua ragione di vita, che tante volte gliel'ha rovinata, cioè mia madre sembra che si sia messo in attesta dell'inevitabile corso degli eventi. È tenero con noi figlie anzi stravede per noi, ma è solitario, la gente lo annoia, non ascolta quando gli parli e ti chiede 10 volte la stessa cosa, distratto è preso da pensieri tutti suoi e il tempo che dedica alle persone e alle cose è sempre limitatissimo. Temo il giorno che se ne andrà ma mi sembra una cosa più naturale che perdere mia sorella o mio marito a questo punto della mia esistenza.
Ho orrore della morte. Soprattutto quella di concezione epicurea, meccanicistica o atea. La mia persona laica, anticlericale e agnostica ha comunque il terrore che dopo la morte non ci sia nulla, che non esista l'anima. La cultura cattolica che comunque respingo razionalmente è penetrata in me molto profondamente e da molto tempo.
Cioè io non posso pensare che i miei genitori non possano più incontrarsi, che non possa più incontrarli io, che non posso incontrare chi mi è caro.
Ma poi che senso ha aver sofferto una vita intera per un emerito cazzo?
Sono riuscita ad isolarmi durante una pandemia. Ovvio che sono isolata, la condizione è intrinseca alle misure sanitarie di contenimento della diffusione del virus. Eppure io ho fatto di più, non ci si può vedere tra amici e conoscenti o comunque bisogna limitare il proprio giro a non più di 5/6 persone? io ho iniziato a disertare non solo i pranzi all'aperto ma anche innocue passeggiate sul lungo mare con mascherina fpp2 e un metro di distanza per poi sparire dalle chat su whatsapp. Ho silenziato le notifiche e non rispondo più ai messaggi, mi sono accomiatata con una breve frase dove scrivevo che non ho nulla da dire e che sarei tornata in tempi migliori. Mi hanno inondata di cuoricini e mi si è rivoltato lo stomaco. Non reggo discorsi, attenzioni non reggo nulla. Non ho voglia di parlare di nulla, non ho voglia di lamentarmi, non ho voglia di dire quanto sono a pezzi.
Ho fatto di meglio. Ho annullato tutte le mie visite , psichiatrica e psicoterapeutica, facendo in modo che slittassero a gennaio. Ho preso tempo dalle mie dottoresse. Non sto bene, sicuramente le visite mi avrebbero giovato ma non ce la faccio. Mi sento fragile, trasparente, sottile che basta un soffio di vento e mi frantumo.
Voglio stare a casa mia con mio marito e le mie gatte e vedere solo mia sorella e mio padre, ho fatto eccezioni per i miei suoceri per le feste. Voglio stare nel mio nido, vicino alla stufa vestita con vecchi pigiami spaiati e vecchie camice di mollettone. Voglio drogarmi di tv spazzatura, voglio narcotizzarmi anche durante le ore di veglia, non voglio pensare, non voglio soffrire.
eccomi, di ritorno dalla colazione con mio padre e con sciarpa e giaccone ancora addosso. Fisso lo schermo, faccio una capatina su fb (horror) faccio un giretto nella reading list che non ha nessuna intenzione di aggiornarsi e da anteprime di post vecchi di giorni.
È prevista qualche fatica culinaria nei prossimi giorni di festa e questo mi agita un po' aggiungendo ansia all'ansia.
Ieri dicevo che sto conducendo una parvenza di vita normale considerata il periodo storico (ma vivo comunque in zona gialla e non ho patito quasi nulla, anzi proprio per nulla)e la mia condizione clinica.
Però è una mezza menzogna: sono calma solo quando c'è mio marito, mi anestetizzo di documentari di cronaca nera e trascuro il resto delle cose che in teoria mi piace fare: leggere, lavorare a maglia, il corso di disegno. Mi ricordo quando ero una ragazza di 20 (21-22-23-24) anni, quando per non sentire il dolore e la paura che scaturivano dai miei stessi comportamenti disfunzionali fumavo tanto hashish. Ed diamine se era davvero una pessima idea! L'hashish è forte, fa venire paranoie e se non si è in una buona predisposizione esacerba tutto quelle che non andava bene prima dell'assunzione. Che brutti viaggioni ho fatto e le paranoie, le paure, le allucinazioni. Altre volte invece era divertente. Purtroppo per anni il consumo è stato praticamente quotidiano perché mi era insopportabile affrontare qualsiasi situazione se non adeguatamente equipaggiata. Comunque il mistero non è come mai fossi suscettibile alla dipendenza da hashish, faceva parte del mio disturbo di personalità, ma è perché non fumassi la marjuana!
Ad ogni modo ho smesso di fumare qualsiasi cosa 13 anni fa.
La verità è che se anche mi comporto e vivo come se stessi tutto sommato bene dentro di me sono in frantumi. Questa volta l'innesco è stata l'amica di mia sorella che dopo un numero abbastanza esiguo di tentativi di procreazione medicalmente assistita è rimasta incinta. Lo so da qualche settimana e ne sono ossessionata. Sono furiosa con la mia cattiva sorte e infastidita da ogni forma di maternità. Tengo a distanza le amiche, piango e digrigno quando sono sola ma dico tutto a mio marito.
Per non pensare guardo decine di documentari di cronaca nera su youtube recuperando Lucarelli, Picozzi e il suo programma "La linea d'ombra", vecchi episodi di "Delitti" di History Channel di oltre 10 anni fa e poi un po' di spazzatura random che trasmettevano su Sky su serial killer e affini. Ieri abbiamo recuperato "Telefono Giallo" di Augias un reperto storico di quando ero una bambina. Perché i miei mi facevano vedere questi programmi? Tipo Mixer d Minoli o Chi l'ha visto con Donatella Raffai.Boh?
Ora guardo i documentari crime di ultima generazine su netflix, ma li ho terminati tutti però segnalo l'ultimo che ho visto "The ripper".
la cronaca nera mi spegne il cervello e non soffro almeno per la durata dei programmi. Però mi spaventa moltissimo, mi angoscia, mi agita. Ma almeno non penso al fallimento che sono, che non avrò mai figli e che odio tutti quelli che li stanno avendo nonostante io sia straziata dal dolore da non riuscire, a volte a respirare.
Stamattina al bar con mia sorella e mio padre la radio ha sospeso la regolare trasmissione di canzoni dimmerda e ha attaccato con le CANZONI NATALIZIE. Alle prime note di "All I want for Christmas is you" di Mariah Carey ho pensato al suicido e non avevo ancora iniziato a bere il cappuccino. Mio padre dopo poco è andato via dando una tenera testata ad entrambe, lui l'affetto lo dimostra così. Dicevo mio padre se n'è andato senza nemmeno essersi reso conto del dramma appena iniziato, la radio nel frattempo passava a George Michael e Jose Feliciano (Feliz Navidad!!!). A Frank Sinatra ero prostrata, senza più aspettative nel domani e neppure nel pranzo.
Il fatto è che per quanto uno possa fare un ragionamento razionale, magari cinico e perché no, disfattista si aspetta sempre qualcosa dal Natale, perché è la festa più importante di quando si è bambini e questo è un imprinting potente, perché ci sono le aspettative delle persone che ci circondano (tipo mia suocera che vuole a tutti i costi riunire la famiglia nonostante la pandemia) , perché si è bombardati da film, serie tv, adv su ogni sito e pagina di internet, volantini pubblicitari dei supermarket. Ci aspettiamo che succeda una magia al momento dello scambio dei pacchi, che si rida complici guardando "Una poltrona per due", che dopo il brindisi si abbia lo slancio divertito per giocare a tombola o streep poker (difficile a casa di mia suocera). Invece si è provati dalla digestione, ormai stufi di sentire sempre le stesse storie di ogni anno, con i coglioni un po' girati perché i regali donati hanno ricevuto debole entusiasmo o peggio una critica. Da 10 anni a questa parte il natale mi devasta, mi abbruttisce, mi sfibra.
E poi ci manca mia madre. Con lei tutto il periodo che precedeva il natale era una vera merda, le saliva una carogna che durava giorni sino a tutto il 24. Poi, la sera, quando ci mettevamo a tavola con l'albero illuminato la cui base era letteralmente zeppa di pacchetti, gli antipasti nei piatti lo spumante nel bicchieri (soprattutto in quello di mia madre) ecco la magia. Festeggiavamo, lei era calma e noi eravamo raggianti di felicità. E a mezzanotte decine di pacchetti pieni caramelle, oggettini inutili, di piccole cazzate super gradite, qualche regalo richiesto, il pavimento del soggiorno pieno di carta, nastri, caramelle mio padre addormentato dalle 11 e mia madre col bicchiere sempre pieno di spumante che rideva sciocchina. Quanto ci manca.
Natale a parte, le mie giornate scorrono lisce, abbastanza simili ma tutto sommato tranquille. Sono nervosa però. Mi incazzo per le ingiustizie sociali, per il patriarcato, il capitalismo, il neocolonialismo. Odio la gente, odio la gente nei social network, Facebook è ormai una cloaca impraticabile. Sto meglio su Instagram dove seguo solo chi mi piace e che reputo utile per accedere a delle informazioni preziose: attiviste (femministe, queer, della salute mentale), qualche giornalista, una serie di divulgatori scientifici, poi artisti, artigiani, musicisti. Nessuna connessione con amici come invece avviene su Facebook. Su Facebook mi sembra davvero di farmi gli affari personali della gente che conosco dal vivo che proprio dal vivo non mi parlerebbe mai di quegli affari che condivide su Facebook. Questa cosa mi fa ammattire.
Le mie amiche storiche. Le evito. Sono troppo nervosa e potrei trasformare un semplice pranzo (in genere tutte distanziate all'aperto al mare, la sicurezza è importante) in uno sproloquio dove schiumo rabbia contro la violenza di genere e la narrazione sbagliata e tossica che ne fanno i giornali (tipo una frase a caso di Vittorio Feltri). E poi ho il problema della mia proiezione sulla mia amica neo-mamma (io la chiamo invidia, ma é Sconsy la professionista).
Insomma dicembre è appena iniziato e non ho già più voglia.
Manco da un po'. Ho avuto da vivere la mia insignificante vita, con meno fatica del solito ma sempre con quella sensazione di non stare facendo giusto e abbastanza incollata addosso.
C'è una novità, ho iniziato un corso online di disegno per principianti. Brava. I primi due giorni di video corso piangevo in preda all'ansia come la tradizione di una persona incapace di affrontare cambiamenti e novità con serenità vuole. Comunque non so bene come, sicuramente ammorbando mio marito al telefono mentre era a lavoro per superare la crisi di panico post lezione (mi sono riaffiorati tutti i drammi dei primi tempi all'università, un posto spaventoso) e prendendomi il tempo necessario ho continuato il corso e incominciato a fare gli esercizi: una settimana di disegni di mani, ovviamente mi sono sbizzarrita con corna, diti medi, pugni comunisti. Ora sono pronta per disegnare griglie di pattern, doodling si chiama. Io lo conoscevo come scarabocchio nel quaderno a scuola quando ti annoi, o negli spazi bianchi del libro di fisica pur di non studiarla.
Ci sono novità e poi ci sono ancora le stesse cose tipo la mia gelosia, o come dice la psyco, la mia proiezione. Questa volta è stata meno generica e anzi tutta indirizzata verso la mia amica neo-mamma che è rimasta incinta semplicemente trombando mentre io mi sparavo ormoni sulla pancia inutilmente. Ci sono stati dei ricordi di cose che mi ha detto pensando di fare del bene e al contrario devastandomi: tipo vedrai che andrà tutto bene, te lo dico io, bisogna essere positivi. Tutte frasi che mi diceva mentre era incinta e mentre io fallivo le fivet e io pensavo solo "grazie al cazzo tu sei incinta e comunque né l'ottimismo né il pessimismo possono influire minimamente in queste pratiche mediche". Comunque non lo pensavo e basta glielo dicevo pure. Quello che non le ho mai detto, semplicemente perché avevo meno consapevolezza, era quanto la sua vita senza intoppi e le sue frasi paternalistiche mi abbiano fatta sentire in difetto da quando ci conosciamo. Lei ha davvero avuto una vita senza intoppi, genitori un po' severi ma chiari nei messaggi, viaggi in giro per il mondo sin da ragazzina con la famiglia, esperienze formative all'estero, famiglia numerosa molto unita che ha sempre fatto tante cose di qualità tipo andare a teatro. Liceo benino, università senza ansie, erasmus, laurea benino in tempi giusti. Lavoro subito in ente pubblico, ogni tanto veniva mandata all'estero per master e formazione, figlio un po' tardi ma per scelta. Quante volte l'ho sentita dire: basta provarci, io ci provo e raccolgo i risultati. E io senza rendermene conto mi sentivo sbagliata e in difetto. Io non ho avuto la serenità in casa che mi ha consentito di dedicarmi allo studio ed erano comunque troppi i traumi da rapporto disfunzionale con mia madre, che non mi sentivo all'altezza di nulla. Soffrivo di attacchi di panico, insonnia e autolesionismo. In seguito ho scoperto di avere un disturbo della personalità di tipo berderline che mi impediva di concentrarmi in cose tipo lo studio perché ero letteralmente divorata dalla rabbia, dalla violenza dei sentimenti, dall'abuso di hashish e psicofarmaci, da relazioni tossiche. Per me il discorso "se vuoi puoi" non poteva funzionare perché non avevo avuto il privilegio di una vita tranquilla, di una buona salute mentale, di una situazione economica ottimale. Gli anni che una persona diciamo normale come la mia amica dedica agli studi, alle uscite semplicemente per svagarsi io gli dedicati a combattere la bestia che avevo in corpo e che mi divorava. Una bestia che mi faceva avere comportamenti e reazioni assolutamente disfunzionali e nocive. La rabbia e la violenza(fortunatamente solo verbale a parte pochi esempi di cui mi vergogno molto) era la tentazione a cui non riuscivo a resistere. E poi mi sgonfiavo nel giro di poche ore, temevo l'abbandono e sopportavo tradimenti e abusi psicologici dai miei fidanzati. Mentre lei dava esami io andavo in seduta, prendevo i farmaci a volte droghe pesanti e non risolvevo nulla. Sino a quando alla sindrome borderline si è affiancata una bruttissima depressione e la mia famiglia disfunzionale si è presa cura di me, ha trovato nuovi medici, tra i la psyco Sconsy, ed è iniziato un lavoro difficilissimo per trattare le mie patologie. Sono uscita dal disturbo borderline, la depressione mi accompagnerà più o meno intensamente per tutta la vita. Anche in questo caso mi sento di parlare di privilegio, ho avuto i miei genitori che nonostante avessimo un rapporto malato(che poi è stato affrontato grazie alle cure) mi hanno sostenuta, hanno pagato i medici privati. Riconosco questo privilegio e patisco per chi non ha un supporto e mai mi sognerei di dire a nessuno "se ci sono riuscita io lo può fare chiunque" perché non è così. La vita non è così. Chi ha più privilegi ottiene molto di più di chi ne ha meno o di chi non ha proprio.
Quindi non rispondo alle sue proposte di vederci. Mi proteggo in questo momento delicato in cui la sua presenza con tutto ciò che rappresenta è davvero troppo perché il trauma della pma e del suo fallimento è davvero troppo.
Non ho tanta voglia di scrivere o forse semplicemente non ho nulla di nuovo da raccontare. Ci sono quei due tre nodi cruciali di cui ho già scritto sommariamente e che potrei sciogliere tra queste righe, ma la verità è che fa un male cane farlo e lo so perché è materiale di lavoro durante le sedute di psicoterapia.
Durante l'ultima ho posto l'accento su quanto sia diventata una persona invidiosa e di come non mi riconosca in questa veste. Ma è la verità invidio le altre persone, soprattutto donne più o meno coetanee. Invidio i loro successi, anche minimi, personali e lavorativi. E sento un'altra cosa assolutamente nuova: il rimpianto. Rimpianto per non aver finito l'università, per aver fatto fallire la mia attività, per non essere stata in grado di rimanere nel mondo del lavoro. E poi l'epifania (bugiarda lo so fin dal primo pensiero invidioso) tutto è iniziato con l'invidia verso le donne che sono rimaste incinta durante il periodo in cui affrontavo la pma (procreazione medicalmente assistita). Un fatto in particolare ha innescato la persona di merda dentro di me. Una delle mie più grandi amiche è rimasta incinta durante una delle fivet e me lo ha comunicato proprio il giorno che le mestruazioni infrangevano un'altra volta i miei sogni. Sono stata tanto invidiosa di lei, dei suoi primi mesi. Durante la gravidanza il sentimento negativo è scemato per poi riaffiorare subito dopo il suo parto che ha coinciso con una mia altra fivet fallimentare.
La psyco ha detto che quella che io chiamo invidia si chiama proiezione ed è un sentimento naturale e sano se non supera i livelli di guardia e in effetti non ho mai desiderato il male di nessuno. Soffrivo e volevo anche io provare quella gioia. Mi chiedevo perché ne fossi esclusa nonostante tutto l'impegno. Eppure è così per quanto possiamo provarci e volerle, le cose possono andare diversamente da come le desideriamo.
Il mio desiderio e progetto di maternità coltivato così tanto e da lungo tempo mi metteva al riparo dalla sofferenza dei fallimenti passati perché assumeva un significato di giustificazione. La maternità avrebbe "compensato" le cose che non avevo terminato e mi avrebbe dato un ruolo personale e sociale.
Le cose sono sempre più complesse di come si presentano e i miei fallimenti hanno già una motivazione, la mia vita turbolenta nei primi anni dei miei 20 anni con un disturbo della personalità borderline da gestire a da cui uscire. E ci sono riuscita, sono guarita e subito ho afferrato la normalità che può esserci nella vita: una relazione stabile con una persona equilibrata e un lavoro normale da dipendente poi una casa da comprare (quella dove siamo andati a vivere 7 anni dopo) e una famiglia da formare.
Dovrei ricordarmi di tutti i traguardi e le vittorie sui miei disturbi mentali, uscire da un disturbo bordeline non è affatto semplice e io l'ho fatto. Alzarsi dopo ogni episodio di depressione maggiore richiede tempo, cura e impegno e io l'ho fatto più di una volte e anche adesso sto riuscendo a vedere uno spiraglio di luce nell'attuale episodio di depressione che dura da un anno.
Mi rattrista il fatto che di base ho una depressione cronica, detta ciclotimia, con la quale devo e dovrò fare i conti per sempre così come lo fa una persona affetta da diabete o epilessia. Farci i conti significa andare alle sedute di psicoterapia e alle visite psichiatriche, prendere farmaci, misurare i confini della proprio zona d'equilibrio e perdonarsi almeno un po'.
Sono giorni faticosi dove tutto sembra e scorre normale ma che mi trovano suscettibile, maliconica, con la lacrima sempre pronta. Stamattina presto sono andata allo studio cardiologico, dovevano mettermi l'holter e cioè una macchinetta che misurerà per 24 ore i miei battiti cardiaci tramite fili ed elettrodi appiccicati al petto. C'è una puntata precedente ossia la psyco che finita l'estate mi consiglia di individuare un'attività motoria da svolgere in autonomia in modo da farmi uscire di casa la mattina, momento delicato perché sono quasi sempre sola, e godere dei benefici del movimento. Io scelgo la piscina e inizia un piccolo calvario: durante la visita sotto sforzo dal cardiologo si nota che il mio tracciato ha dei battiti anomali, risultato niente certificato medico per attività sportiva non agonistica ma due prescrizioni per accertamenti: ecocolordoppler (+visita cardiologica ed elettrocardiogramma) e l'ecg con l'holter(quello che sto "facendo" oggi). Quel giorno lì ho iniziato a piangere da sola per strada, a lamentarmi e imprecare. Non me ne facevo una ragione, non poteva essere che come ogni volta le cose che faccio, che vivo, che tutti gli aspetti della mia vita siano sempre ricchi di intoppi, imprevisti anche drammatici, seccature. Non volevo farmene una ragione ma non avendo comunque scelta alla fine mi sono data una calmata e ho prenotato le visite una fissata per 22 di ottobre e una al 5 novembre. Era il 2 o il 3 ottobre. Nel mentre un dpcm ha chiuso piscine e palestre, la cardiologa che doveva farmi la prima visita si è ammalata ha cancellato le visite del 22 ottobre e non si sa ancora quando tornerà a lavoro.
Un giorno potrei fare uno schema cronologico delle sfighe e dei drammi vissuti in tutti questi anni, oggi ne accenno una: abbiamo comprato casa nel 2008, da ristrutturare, ma per problemi con una vicina di casa che ci ha fatto causa un'infinità di volte siamo potuti andare a viverci nel 2015. Sette anni.
Sì capirà perché il mio motto è: se una cosa può andare male è sicuro che andrà malissimo. Come quando nel febbraio del 2011 si è ammalata mia mamma e se n'è andata nel giungo dello stesso anno, ho lottato con tutta me stessa cercando secondi, terzi e quarti pareri, dormendole vicina in ospedale, lavandola, dandole da mangiare e lei peggiorava sempre, non camminava più, non parlava più, non si svegliava più e poi è morta mentre io ero in ospedale per una setticemia da ascesso.
È come gli ultimi 4 anni passati a fare test genetici, test per l'hiv e l'epatite, ecografie ginecologiche più o meno invasive, dosaggi ormonali, iniezioni di ormoni, farsi crescere mezze dozzine di follicoli ovarici, farsi aspirare gli ovuli e creare embrioni in vitro. Tutto per 6 volte. E neppure una gravidanza.
A volte, oltre al fatto che se una cosa può andare male invece andrà dimmerda, ci prepariamo correttamente, seguiamo i passaggi, aspettiamo ma le cose non vanno come vorremmo. Ma questo non toglie valore al nostro impegno e al nostro desiderio.